di Laura Pascarella.
Il comma 3 dell'art. 6 del DL 31 maggio
2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla Legge 3 luglio 2010, n. 122,
rubricato "Riduzione dei costi degli
apparati amministrativi", dispone che "Fermo
restando quanto previsto dall'art. 1, comma 58 della legge 23 dicembre 2005, n.
266, a decorrere dal 1° gennaio 2011 le indennità, i compensi, i gettoni, le
retribuzioni o le altre utilità comunque denominate, corrisposti dalle
pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31
dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, ai componenti di
organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e
organi collegiali comunque denominati ed ai titolari di incarichi di qualsiasi
tipo, sono automaticamente ridotte del 10 per cento rispetto agli importi
risultanti alla data del 30 aprile 2010. Sino al 31 dicembre 2015, gli
emolumenti di cui al presente comma non possono superare gli importi risultanti
alla data del 30 aprile 2010, come ridotti ai sensi del
presente comma. Le disposizioni del presente comma si applicano ai commissari
straordinari del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n.
400 nonché agli altri commissari straordinari, comunque denominati. La riduzione
non si applica al trattamento retributivo di servizio".
Com'è noto, la norma, con riferimento agli
organi di revisione degli enti locali, ha generato diversi orientamenti
interpretativi. Sul tema si ritiene, pertanto, opportuno richiamare, da ultimo, la
pronuncia della Corte dei Conti, Sezione delle autonomie, n. 4 del 10 febbraio
2014.
In particolare la Corte, chiamata a
pronunciarsi sull'applicazione dell'art. 5, comma 7 del citato decreto ai
componenti dei Consigli di amministrazione dei Consorzi di enti locali che
siano partecipati anche da Regioni, dopo aver premesso, in via di metodo, la
necessità di attuare "un approccio
sistematico diretto ad individuare l'ambito unitario di riferimento della
disciplina normativa in argomento", giunge alla conclusione che "nella materia di che trattasi la disciplina
normativa si distingue in due specifici ambiti applicativi di riferimento: uno
relativo al complesso organizzativo in cui sono strutturati gli enti
territoriali, l'altro riferito al simmetrico complesso organizzativo della
Pubblica amministrazione, esclusi gli enti territoriali".
"Tale
uniformità di disciplina", prosegue la Corte, "rappresenta una costante dello specifico settore che emerge da
un'attenta analisi delle disposizioni normative che si sono succedute nella
materia. Da questa rassegna delle norme si evincono i due obiettivi perseguiti
dal legislatore: da un lato, sfoltire gli apparati amministrativi di tutti
quegli organismi non caratterizzati dalla necessarietà
strutturale-istituzionale, dall'altro ridurre il peso economico degli organi di
governo necessari, affidando tale compito all'autonomia dei medesimi organi,
salvo intervenire sugli aspetti già disciplinati dalla legge generale".
Non viene meno a questa logica, ritiene
la Corte, nemmeno il decreto in esame, che intervenendo ad innovare la medesima
materia, mantiene sempre la evidenziata distinzione di ambiti applicativi. Nella
sua disamina, la Corte, peraltro, non omette di effettuare un breve riferimento
anche alle pronunce delle precedenti Sezioni regionali, evidenziando come le
stesse avessero tuttavia utilizzato chiavi interpretative limitate al solo
contesto normativo in esame.
Conclude, la Corte, per quanto qui
d'interesse, che "le disposizioni dettate
dall'art. 6, commi da 1 a 3 non si riferiscono agli enti territoriali, come si
evince non solo dal contesto oggettivo, ma anche dall'espresso riferimento, nel
comma 1, agli organi collegiali di cui all'art. 68, comma 1, del decreto legge
25 giugno 2008, n. 112, (e cioè gli organismi operanti presso la Pubblica
amministrazioni che sono stati reputati utili) e nel comma 3, all'art. 1, comma
58 della legge finanziaria per il 2006 che, come sopra ricordato, ne esclude
espressamente l'applicazione agli enti territoriali (art. 1, comma 64). In
sostanza gli apparati amministrativi ai quali fa riferimento l'art. 6 non
includono quelli degli enti territoriali; il generico riferimento alle
'pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'art. 1 della legge 31
dicembre 2009, n. 196' va letto sempre tenendo conto che tale disposizione
integra quella contenuta nel già ricordato comma 58 dell'art. 1 della legge
finanziaria per il 2006 che, pur richiamando in quella stessa disposizione, le
pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2 del decreto legislativo
165/2001, non era applicabile agli enti territoriali come disponeva il
successivo comma 64".
In conformità al giudizio della Corte si
ritiene, dunque, che la riduzione dei compensi disciplinata dalla disposizione
in oggetto, art. 6, comma 3 del DL n. 78/2010, non si applichi agli enti
territoriali e, conseguentemente, ai compensi degli organi di revisione degli
enti locali.
15 febbraio 2015