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Esecutività delle sentenze favorevoli al contribuente. Primi spunti per una riflessione

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di Mario Cicala.

Quando un giudice si pronuncia su una questione controversa appare logico che il rapporto di cui si discute sia provvisoriamente disciplinato dalla decisione giudiziaria, ancorché essa non sia ancora definitiva, non sia ancora “passata in giudicato”. Si è quindi affermato nel nostro ordinamento il principio secondo cui le sentenze anche di primo grado sono di regola immediatamente esecutive; esso è ormai pacificamente applicato nel diritto processuale civile (art. 282 c.p.c.) e nel diritto processuale amministrativo, e costituisce una manifestazione di fiducia e di rispetto dello Stato nei confronti dei “suoi” giudici.

Invece, secondo una prassi assai risalente, le sentenze dei giudici tributari favorevoli al contribuente vengono eseguite solo dopo il loro passaggio in giudicato; quasi che la giurisdizione tributaria sia una giurisdizione “minore”, meno attendibile di altre.

In questa situazione di fatto, è parsa una rilevante novità l’art. 10 della legge delega 23/2014 che ha demandato al legislatore delegato il compito di inserire nell’ordinamento processuale tributario “10) la previsione dell’immediata esecutorietà, estesa a tutte le parti in causa, delle sentenze delle commissioni tributarie”.

Il sistema delineato dal legislatore delegato suscita però forti perplessità, oltre a presentare difficoltà interpretative e lacune.


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